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      - Fermatevi, v'impongo... io sono innocente; - nessuna colpa è in me, tranne avere amato troppo ambidue voi, quantunque di amore diverso. La fortuna volle travagliarmi con tutti i dolori, e dopo avermi fatto piangere per morto costui, ora lo ha tolto dal sepolcro per convertirlo in flagello alla mia anima desolata; - fatemi pagare senza misura amaro questo affetto per voi, - schiudete i balconi, via, - chiamate la gente a contemplare la mia vergogna, e poichè a cagione di voi trassi giorni pieni di lutto, non mi lasciate tranquilla nè anche l'ultima ora della mia vita. La figlia mia fatta adulta, quando cercherà dell'avello di sua madre, le risponderanno: Non lo sappiamo; - e quando ella stessa diventata madre udrà favellare di me, declinerà lo sguardo, - si farà in volto vermiglia - e maledirà una madre la quale non seppe altro retaggio lasciarle tranne quello del rossore: - io mi aspetto questo da voi; - continuate, iniqui."
      E togliendo forze dal tremendo suo stato, si rilevò maestosa, con ambe le mani si asciugò le lacrime, si compose i capelli rabbuffati e stette con occhi aridi fitti nel pavimento a modo di Niobe.
      Che importa a me la tua figlia? - Nata dallo spergiuro, io la condanno dopo una vita di delitto ad una morte d'infamia. - E tu a che pensi, giovane? - Se pensi al tuo fine immaturo, alla fatalità che ti spinge sotto il mio ferro, - ritirati: - il leone non inferocisce contro il cerbiatto: levamiti davanti, io sento pietà di tua madre....
      Mia madre! Ella mi aspetta nell'avello, e a me tarda raggiungerla.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Niobe