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      Il vecchio portava senza posa lo sguardo dalla penna alla faccia di Ludovico, e nel contemplarlo tranquillo, si rimaneva stupito.
      Giannozzo!
      chiamò Ludovico, piegato che ebbe e suggellato il foglio; - e Giannozzo, levatosi da sedere, gli si pose dinanzi; ma Ludovico, volgendo di subito la mente a nuovi pensieri, si rimaneva immemore con la mano tesa; - poi, all'improvviso risensando, "Giannozzo," continuo, "io ti consegno il mio testamento olografo scritto in procinto senza formalità, ma che voglio non pertanto religiosamente eseguito: - credo d'aver pensato a tutto e a tutti; - dove di alcuno mi fossi dimenticato, tu supplirai... tu avrai cura che sia la mia memoria benedetta..., non è vero Giannozzo?"
      O Gesù misericordioso!
      il servo fedele rispondeva singhiozzando, "io vi ho veduto nascere e non devo vedervi morire... voi non dovete morire..., voi non annoverate ancora trentatre anni..."
      Io ho vissuto secoli, - centinaia di secoli; - i miei minuti compresero anni di angoscia, i miei anni neppure un minuto di refrigerio... Io muoio contento.
      Su, Vico mio... messer Vico, fatevi animo; - voi vincerete; l'angiolo custode mi predice che stasera tornerete glorioso a casa vostra.
      E chi si rallegrerà della mia vittoria? qual creatura amante ed amata mi getterà le braccia al collo?
      interrogò Ludovico volgendo gli occhi d'intorno.
      E Giannozzo volge anch'egli lo sguardo per vedere se discerne qualcheduno; nè lo vedendo, susurrò a fior di labbra: "Eppure io vi amo come figliuolo."
      Sì... ma....
      nè aggiunse parola Ludovico; non pertanto il cuore del vecchio concepì intera l'amarezza di coteste parole, e gemendo esclamò:


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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