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      In questa guisa pervennero in piazza dei Signori, dove si era adunata inestimabile moltitudine di gente per vederli passare; la Signoria, anch'ella, comunque dimesso l'abito magistrale, stava sopra i gradini del palazzo salutandoli e con ardentissimi voti accompagnandoli: piegarono in Mercato Nuovo, poi volsero a mano diritta percorrendo la strada di Borgo Santi Apostoli; svoltato il canto delle Case Buondelmonti, riuscirono in piazza Santa Trinità, non anche infame per la colonna su la quale Cosimo I poneva una figura armata di spada, quasi angiolo sterminatore di qualunque pensiero che non fosse di servitù!
      Da questo punto, chè amore aguzza la facoltà visiva, a Ludovico riuscì distinguere un volto tra i tanti affacciati ai balconi e sì forte quella vista lo scosse che, a sè traendo con atto convulso le redini, costrinse il buon cavallo tormentato nella bocca a dare di uno sbalzo subitaneo indietro, per cui egli ebbe a rimanere tolto di arcione. Molti lo tennero per sinistro augurio; egli, comprimendo l'acerbità della passione, si aggiusta in sella e seguita la via. Quel volto intanto appariva più prossimo e si mostrava pallido, addolorato quanto quello della madre di Cristo a piè della croce. Giunto sotto il balcone, Ludovico levò arditamente la faccia, vibrò uno sguardo feroce, e al tempo stesso, stesa la mano, accennò una delle bare portate alla coda del convoglio. Il volto diventò bianco - ed abbassandosi sparve.
      Siccome Dante e gli altri della comitiva a destra e a sinistra riverivano con le mani le gentildonne e i cittadini fattisi ai balconi, così nessuno si accorse dell'atto di Ludovico, tranne Giannozzo, il quale camminava alla staffa del suo signore.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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