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      Non sono io che vi manco, sibbene voi mancate a voi stesso. Io non voglio si dica un giorno avere male sostenuto le vostre parti: - ogni uomo deve conservare la sua fama, specialmente noi vecchi, perchè il tempo ci manca a riparare un fallo, se mai avessimo la sventura di commetterlo: a voi piace il nome di cortese, a me quello di austero; a voi la rilassatezza, a me l'osservanza delle regole. Nè per la mia assenza voi scapiterete in nulla, chè vi manderò Jacopino dei Pucci. Non pertanto mi piace in questa ora porgervi un consiglio che la dolorosa esperienza del vivere tra gli uomini mi ha dimostrato buono e di cui vi desidero possiate far senno in processo di tempo: non prestate mai danaro agli amici; non dite mai il vostro segreto a femmine; non siate mai cortese verso i vostri nemici. Addio.
      Nè preghi nè scongiuri valsero a trattenere quel vecchio caparbio; mentre si partiva dalla lizza, il generoso Dante scotendo il capo diceva:
      Il popolo sostiene che la morte sopraggiunge improvvisa: - non è vero; - giunti che siamo a certa età, ogni anno ci porta via una virtù: la vecchiezza è il vestibolo della morte: prima l'uomo serve di camposanto alla sua anima, - poi la terra di camposanto all'uomo. Io udiva lodare Pagolo come uno dei più gentili cavalieri d'Italia, e ora...
      Iacopino dei Pucci, mandato dallo Spinelli a sostenere le sue veci si presenta: il momento del duello si avvicina.
      Suonarono le trombe e fu fatto silenzio.
      I combattenti e i padrini si divisero in due partite. Dante, Bertino, Giovanni da Vinci e il conte Piermaria si pongono da un lato del campo, - Ludovico, Giovanni, don Ferrante e Iacopino dall'altro.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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