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      I servi la più parte accommiata, i ponti levatoi alzati; i cavalli percuotono invano le selci delle scuderie; i cani stanno pigramente distesi a canto del focolare. - La fortuna ordinò che, recandosi certo giorno per mie bisogne da Tomaso, il suo cane, sia che lo spingesse maligna natura o non mi ravvisasse, mi si avventa alla persona per mordermi: io tento placarlo, egli vie più s'inferocisce; allora consigliato dalla tutela di me gli sferro tale un pugno nel capo che lo mando a rotolarsi per terra: Tomaso, di cui era infermo l'intelletto, arde di sdegno, abbranca una mazza d'arme e me la lancia contro; beato me, ch'ebbi agile il fianco per ischivarmi, e l'ira gli faceva tremare le mano! la mazza dette in pieno nella porta e vi si fermò confitta. - Rimasi immobile, smarrii la vista e vacillai un istante: subito dopo rinvenuto esclamai: O Tomaso, vi sono io diventato tale che la mia posponiate alla vita di un cane? - Tu sei un cane..., tu m'insidii la vita... - E tra il fascio dell'arme afferrata una spada, si avventò contro di me; io pure trassi fuori la mia... ma Annalena, ti giuro per il tuo amore che mi è sì caro, non averla tratta ad offesa del padre tuo, soltanto a tutela di me: - a qual miserevole fine sarebbe riuscito cotesto caso non saprei dirti, se Naldo e madonna Ermellina sopraggiunti non lo trattenevano. - Io gittai il ferro e fuggii via. Giungo ansando nelle mie stanze e, fatto rifascio di quanto mi cade tra mano, esco dal castello del tutto compreso da terrore: - corso ch'ebbi grande spazio di via, la coscienza prese a domandarmi: E dove vai?


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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