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      - Deliberai di farmi a trovarlo e mi avviai al maniere; uomini sconosciuti vi stanno a guardia, - il passo precluso alla maggior parte dei vari appartamenti, - quelli di Naldo e di Tomaso sopra tutti vietati; - era per disperarmi. All'improvviso si apre fragorosa una porta, e n'esce Naldo, com'uomo cui prema altissima cura; udendo rumore, alza il torchio e mi ravvisa, - prorompe in un grido di meraviglia, e quindi, ostentando sicurezza, Lucantonio, comincia, voi qui? - Io qui; vi sorprende per avventura, messere? Io vengo a riportarvi cosa che avete smarrita. - Smarrita io? - Sì bene voi: ecco il vostro pugnale. - Pugnale! Non riconosco cotesto pugnale... e si tirava indietro per sospetto. - Colpa della poca luce: egli è il vostro famoso pugnale avvelenato; il pugnale che porta sul pomo la vostra arme di cesello... - Gran mercè dunque... e dove lo trovaste mai? - Fitto nel mio giustacuore, mentre tentava addentrarsi nelle viscere...; però ve lo riporto. Quando voi, messere Naldo, troverete il mio, non me lo riporterete, perchè vi starà fitto nel cuore: - e mi salvai, essendo egli armato di tutte armi, ed io in giustacuore di bufalo. - M'ingegno penetrare nelle stanze di Tomaso; mi vengono meno gli scaltrimenti e l'ardire, - trovo, dovunque mi volga, gente nuova e di sinistre sembianze; - si preparava il misfatto. Un buon consiglio mi venne dal cielo: - la notte aveva consumato la metà del suo corso; - scendo nel parco e cauto mi porto sotto le finestre di Tomaso. Infelice! Il sonno non iscende più sopra le sue palpebre, un'ombra nera traversa la finestra rischiarata dalla lampada interna, - la notte gli accresce i terrori.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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