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      Allora io presi a cantare la canzone che udimmo nel tempo felice dai labbri di madonna Ermellina, quando prima la incontrammo sull'argine fiorito: l'ombra non comparve più, ristette il mio signore pensoso e, come mi narrò in seguito l'unico scudiere che gli avevano lasciato attorno della sua buona famiglia, e dopo avere lunga pezza porto ascolto, domandò: Ella è questa la voce di Lucantonio? - Mai sì, messere. - Mi avevano pur detto ch'egli si fosse allontanato! Va' e caccialo via. - E siccome lo scudiere non si moveva: Guai! continuò Tomaso percuotendosi la fronte, guai al signore di cui il famiglio vergogna obbedire quei comandi ch'ei non vergogna trasmettere! - E poi mutato animo, Va', ordinò allo scudiere, e digli apparecchi il mio cavallo; - mi accompagnerà a Fiorenza, dove mi chiamano a render ragione di accusa di fellonia. - Che rete infame si fosse questa non comprendeva; - di madonna Ermellina non udiva novella, di Selvaggia nemmeno; apparecchiai i cavalli e mi posi ad aspettare sopra la soglia del maniere - Silenzio e tenebre: - un'ora prima del giorno, porgendo attentissimo l'orecchio, ascolto rumore di pedate; - si accostano; - si aprono le porte, e vedo comparire Tomaso squallido, gli occhi spenti entro un cerchio colore di piombo che assai gli scendeva sopra le guance; - lo séguita il fido scudiere, da un lato ha Naldo che sembra dargli conforto, e dietro sei uomini d'arme a me del tutto nuovi. Giunto sul limitare, afferra con la manca le redini e i crini del collo del destriero, e la diritta porgendo al perfido amico, favella: Naldo, io temo che noi non ci rivedremo più; nelle cause di stato la innocenza non giova, imperciocchè non puniscano il fatto, sibbene la potenza di commetterlo, e gli stati deboli conoscemmo sopra gli altri crudeli.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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