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      Volterra fu delle dodici città etrusche sede dei lucumoni; qualche archeologo volterrano sostiene essere stata prima tra tutte; gli antiquari aretini scrivono lo stesso di Arezzo; altri altre cose: la quale questione di preminenza, come delicatissima, lascio alla decisione del benigno lettore.
      Si resse prima con proprie leggi; e tanto i suoi antichi cittadini o amarono la libertà o abborrirono la tirannide che ordinarono nessuno di loro tenesse i magistrati, ma annualmente si concedessero agli schiavi fatti liberi: quale tradizione riportata da Aristotele non so come si accordi con l'altra che quivi ponesse sua stanza il principale lucumone di Etruria. Come che sia però, se a lei piacque la libertà, la invidiò in altrui; e gli storici ci riferiscono ch'ella, collegata con Arezzo, Chiusi, Rosselle e Populonia, tentasse restituire Tarquinio in Roma. Male incolse a Volterra provocare l'aquila romana, dacchè, quando usciva appena di nido, rimase da lei malamente ferita; fatta adulta, la divorò. Elio Vuturreno con sessantamila Toscani, comportando acerbamente il minacciato servaggio, giurarono vincere o morire: giacquero spenti sul campo di battaglia presso al lago di Valdimone. Volterra e la rimanente Etruria diventarono da prima municipio, poi colonia romana. Nelle contese tra Mario e Silla, Volterra seguì le parti del primo: superando il secondo, ne sottopose alla legge agraria il contado.
      Durante il medio evo la ressero conti, marchesi e gastaldioni, poco dopo, i vescovi; ma questi più di nome che di fatto, imperciocchè nell'esercizio dell'autorità temporale li troviamo contrariati tutti, spesso banditi, uno - Galgano vescovo - trucidato.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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