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      Il capitano appoggia la scala: per meglio resistere all'urto delle pietre che gli rovinano sul capo, prende tra i denti la picca, e con ambe le mani afferra la scala. A vederlo innalzarsi di grado in grado imperturbato tra mezzo il turbine dei sassi che gli rimbalzano su l'elmo e su le spalle; a vederlo ora comparire, ora mezzo dileguarsi tra un nuvolo di terra e di polvere di calcina, non paveva cosa umana, bensì paurosa apparizione di spirito soprannaturale; amici ne tremarono e nemici.
      Tentano respingere la scala dal bastione e cacciarlo riverso a rompersi sul terreno; non vi riescono; quando poterono aggiungerlo pel cimiero, s'ingegnarono tanto squassarlo che cadesse; ed anche questo fu invano; egli torna a brandire l'asta e le vibra veloce come il serpente la lingua; da destra, da sinistra spesseggiano i colpi; già il sangue colora la parete esterna del bastione; - morto il quarto ed il quinto, gli altri nemici non aspettano le percosse poderose: al Ferruccio viene fatta abilità di piegarsi col torace sul parapetto, poi mettervi la gamba destra; - eccovelo in piedi(262).
      In altra parte non favorisce la fortuna i suoi soldati. Il primo che ebbe montati i gradi supremi della scala tocco in fronte da una palla precipitò sopra i suoi. Vico, appunto atterrito, gli tiene dietro sopra la scala perigliosa. Iacopo Bichi e Amico Arsoli, vergognando lasciarlo solo al mal passo, appoggiano accanto altre scale e ascendono deliberati a vincere o a morire: ben fu opportuno a Vico il sussidio, perchè a mezza scala una pietra lo colse così sconciamente sul capo che stordito sarebbe per certo caduto, dove non lo avessero sorretto e con le rotelle tutelato dai colpi succedenti quei due valorosi.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





Ferruccio Bichi Amico Arsoli Vico