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      Da questo punto a quello superato dal Ferruccio era tirata una cortina senza terrapieno forse larga due palmi; simulazione di difesa piuttosto che difesa vera, - distava da terra dieci braccia circa, - piena di pericoli pel trapasso, come quella che era stata composta di varie maniere sassi lasciati nella naturale loro informità. Il Ferruccio vi si avventura: grave di armi vi corre leggiero quasi sopra un prato; - tutta la sua forma alta ed asciutta si disegna sul cielo scoperto; pareva volasse; mercè il suo ajuto anche quel punto venne sforzato: la bandiera della Repubblica sventolò sopra i bastioni volterrani.
      Vinto il primo bastione, rimase ad espugnarsi più ardua difesa; tutte le case avevano ridotto a trincera, e internamente sfondate potevano scorrere dall'una all'altra ed essere pronti ai soccorsi; non visti offendevano, con ogni arnese ferivano, dal basso lanciavano fuoco e ferro, dall'alto tegoli e materie ardenti. Coteste strade anguste, paurose per tanti modi di morte, mettevano sospetto nei meglio arrisicati; e il sospetto accrebbe quando all'improvviso percosso da mano invisibile il capitano Balordo da Borgo San Sepolcro vacillò e senza pure raccomandare l'anima a Dio stramazzò spento. I soldati balenavano; anche un momento concesso al pensiero, volgeranno le spalle. Ferruccio, il quale in cotesta impresa si comportò più da soldato che da capitano, ha incorso il biasimo degli storici, principalmente del Segni. A parere nostro il Segni merita quel biasimo che troppo facile compartiva al Ferruccio: guerre erano quelle che al capitano non bastava disegnare, bensì gli correva il bisogno di propria mano in gran parte eseguire; non come ai giorni nostri il problema della vittoria poteva sciogliersi dentro un gabinetto mediante i calcoli fatti con cifre di carne e di ossa: questo vanto era anch'esso serbato a noi Italiani, ma più tardi, - parlo di Napoleone Buonaparte.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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