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      Non era impresa umana reintegrare le forze dei soldati; nè al Ferruccio riuscì meglio degli altri impartire loro non l'animo, bensì la balìa di muovere le braccia: allora, altro non potendo di meglio, pensò di mettere al sicuro l'acquistato, ordinando ai suoi prendessero i canti della piazza di Santo Agostino e ritraessero sotto la cittadella due pezzi di artiglieria caduti in sue mani; distribuì le sentinelle, trasmise istruzioni, e nulla trascurò, dopo essersi mostrato audace guerriero, di quanto si addice a prudente capitano.
      Rivolgendo con animo pacato i passi alla fortezza, come per lenire il fiero dolore di capo che lo travagliava, si cava la celata, e vede non essere la sua; guardandola meglio, la riconosce per quella del capitano Strozzi; ond'è che, scorgendoselo vicino e scoperto, gli domanda:
      Come va che la celata vostra io mi ritrovo in capo?
      Ce la misi io, perchè usciste senza e correvate pericolo di rimanere côlto dai sassi.
      E voi?
      Io non sono il commessario... dei capitani se ne trova su di ogni canto.
      Il Ferruccio tacque; e andarono anche alcuni passi; poi il primo si fermò e disse:
      Nicolò, noi avemmo lite insieme e rappacciati siamo per ordine dei Dieci... Volete voi che ci rappaciamo per ordine dei nostri cuori?... il mio almeno mi comanda di fare così...
      E gli stese le braccia: il capitano Strozzi lo abbracciò e lo baciò, e si dissero amici fino alla morte(263).
      Mentre i due valentuomini procedono con le braccia conserte verso la fortezza, ecco d'improvviso percuote il Ferruccio un suono di pianto e voci sconsolate che gridavano: Al fuoco! al sacco!


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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