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      Vico preme la immensa angoscia e morde un lembo del panno che cuopre il Ferruccio per paura di non si tradire con una esclamazione.
      Lo menò nel suo quartiere; licenziò gli uomini, chiuse con diligenza le porte: e non badando ad Annalena, che pure gli corre dietro smaniosa e lo chiama co' più dolci nomi nella più soave favella che mai avesse tocco orecchio d'amante, libera il giacente dell'elmo, e scoperto che gli ebbe la faccia, incominciò a lamentare:
      O messer Francesco, perchè ci avete abbandonato? Che farò io senza guida su questa terra? Che farà la patria senza il vostro consiglio? Io non vi darò sepoltura finchè ella non sia caduta; - voi dovete entrare insieme nel medesimo sepolcro. Oh! come queste labbra, che pur dianzi sostenevano con la voce la battaglia, taciono adesso! Come questi occhi pieni di vita non vedono, non dicono più nulla! Messere Francesco, non ci abbandonate... non ci abbandonate per amore di Dio!
      A Lena, quando contemplò il volto del giacente, stette per mancare sotto il terreno; non pertanto, meno sopraffatta dalla passione di Vico, conobbe il capitano dai colori della faccia non trapassato, bensì dallo spasimo delle ferite tolto fuori di sè. Con virile animo ella gli spogliò l'usbergo e le gambiere; vide una contusione sotto le coste spurie, dal lato destro; esaminò le piaghe delle gambe, - non le parvero pericolose, - e già si accomodava a medicarle, allorchè il Ferruccio, sciolto un grande sospiro, con maraviglia e terrore di Vico, il quale si era lasciato in balìa del proprio affanno, prese a parlare:


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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