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      Il gonfaloniere, cui studio di giustizia moveva e forse anche amore della casa Soderina, interroga da capo:
      Chi difende Lorenzo Sederini?
      Nessuno.
      Affinchè i posteri
      , continua il Girolami, "non abbiano a dire che, la ragione postergata allo sdegno, la nostra magnificentissima Repubblica commise fatto turpe nel presente giudizio, ecce, deposta un momento la maestà del grado, io scendo alla difesa del querelato Sederini."
      Voi non lo farete. Rimanetevi! rimanetevi!
      gli gridavano d'intorno tutti commossi, come mare in tempesta.
      Quando lo statuto non lo vieta
      , risponde con grande animo il gonfaloniere, "staremo a vedere chi usurpa qua dentro maggiore autorità della legge!"
      E si pose sotto la panca dell'accusato. Quindi acconci detti adoperando, chè fama aveva e prestanza di buon parlatore, orò fervorosamente in difesa del Soderini: disse quanto più atroce il delitto maggiore richiedersi la prova; essere contro messere Lorenzo atroce l'accusa, gli indizi incerti, perchè delle prove non ne concorreva pur una; la fuga notturna e l'arresto nulla concludere; era forse vietato uscire per la città ad ora insolita? non doveva presumersi ch'egli andasse attorno per cose da tacersi a cagion di onestà? Male condannarlo, se dal silenzio e dal pallore traessero argomento della colpa: - a cui di noi l'accusa di traditore non terrebbe, non dico la parola, ma la vita? - Lodò casa Soderina, rammentò i molti beneficii da lei operati in vantaggio della Repubblica, onorandissima famiglia la disse e tale da pregiare di sè qualunque più chiaro stato del mondo; ricordò Piero, al quale se mancò per avventura il senno, certo non ebbe difetto di volontà; ma non gli mancò neanche il senno, sol che si pensi ai tempi difficili, al viluppo dei contrari interessi, allo sforzo di principi contro ai quali non valeva potenza, e la fortuna dei quali non poteva prevedersi; che se molti lo accusano, ciò avviene perchè, come spesso ho udito dire da messere Iacopo Nardi, dopo il fatto di senno ne sono piene le fosse; e più di Piero lodò Giovambattista, di cui volendo tutti gli encomi raccogliere in uno, lo salutava col nome di maestro di Francesco Ferruccio, áncora validissima della pubblica salvezza; concludeva finalmente che, quando la coscienza dei padri fosse convinta di qualche trascorso essersi reso colpevole il Soderino, procedessero con mite consiglio, con intendimento di chi corregge per migliorare, non con pena che paia vendetta.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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