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      Passa il nostro Dante. Egli ha dato il voto di morte, egli combattè il consiglio di più mite sentenza, e non pertanto adesso procede col sembiante compunto, la faccia tiene dimessa, sinistri pensieri lo ingombrano. Lorenzo Soderini, giunto a tale estremo, cercava con i suoi occhi velati e non rinveniva persona che lo assicurasse di pietà, - la pietà refrigerio dell'anima contristata: appena la figura di Dante gli strisciò traverso le pupille, ebbe quiete quel suo volto atterrito; - voleva chiamarlo e non ardiva toccarlo, e la lena gli mancava alla mano; pur senza accorgesene, la sua destra fece un atto, e la catena risonando aggiunse i lembi del lucco del Castiglione; questi trasalisce e si volta indietro e con voce profonda gli domanda:
      Che vuoi?
      Una bocca che non mi maledica, un cuore che mi aiuti a morire.
      Io!
      proruppe Dante rifuggendo lontano con atto di abborrimento; se non che mutato di subito consiglio si accosta con impeto e, "Perchè?..." interroga, - e poi si rimane; quindi stringendo quanto poteva nella destra la sua barba che era tornata a crescergli foltissima, due o tre volte la squassa con violenza: "No, no", riprende, "la tua misura è colma e non ha mestieri di rampogna; io non devo aggiungere altra pena a quella che la legge ti ha dato. La colpa impunita fa bestemmiare l'Eterno, ma nello spazio che corre tra la condanna e la esecuzione della pena anche la colpa è sventurata e va soccorsa: - noi piangeremo insieme."
      Senza altre parole aggiungere gli si posa al fianco per accompagnarlo alla cappella.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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