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      Io già sono morto; la pena mi ha colpito prima della scure: in faccia alla legge, la terra raccolse le mie ossa; - l'estremo bene concesso ai moribondi mi è negato; - io non posso fare testamento; nè ciò mi duole perchè mi premesse beneficare amico o parente: in questa ora mi accorgo avermi circondato lusingatori pessimi, non amici; - ma sì perchè avrei voluto istituire mia erede la Repubblica. - La Repubblica, - voi mi direte, - non ha mestiere de' tuoi doni, e lo so; ma io la supplicherei, quanto meglio umilmente potessi, a non rifiutare le mie sostanze, - le accettasse come offerta espiatoria, come testimonio di pentimento che non cesserà con la vita. Ciò che mi è conteso faccia la madre mia; finchè vive ella goda dei miei beni; - ella però vivrà poco, - non istarete gran tempo a riaprire la lapide del domestico avello per lei: mal si accosta alla bocca il pane bagnato di lacrime, o se pur vi si accosta, non si converte in alimento, sibbene in veleno dentro le viscere... Messer Dante, voi andrete da mia madre e le significherete questa mia volontà; - ditele come la sicurezza mia che per lei venisse soddisfatto questo mio desiderio empiva di pace gli ultimi istanti della mia vita... Ella mi ha amato sempre..., e lo farà...
      Ad un tratto Lorenzo stende la mano verso la daghetta di Dante e trattola prestamente si allontana. Il Castiglione gliela vedendo brandire, caccia un urlo ma non si muove. Lorenzo, reciso che s'ebbe una ciocca di capelli, gliela rigetta sul letto e muove le labbra a mesto sorriso.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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