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      Vieni, ti precederò al supplizio; se io non seppi insegnarti a vivere, deh! fammi contenta imparando a morire da me...."
      Nessuno ardiva opporsele. La disperazione della madre esercitava sopra tutti i circostanti virtù di fascino. Il carnefice ardì stendere la mano per trattenerla; - la donna dignitosamente superba lo respinse e subito dopo si trasse il guanto e glie lo gettò nel volto dicendo: "Carnefice, rammentati che tu devi toccare soltanto col ferro."
      Sventurata! Ora pone la mano sotto le braccia del figlio, e lo sovviene a salire.
      Pensa un po'
      , gli mormorava agli orecchi, "qual cuore sia il mio! Certo il piacere ineffabile che provai quando, affidando te povero infante alla balia per recarti al battesimo, le raccomandava badasse bene fosse tepida l'acqua che ti avrebbe il sacerdote versato sul capo e poco il sale che ti avrebbe posto sopra la bocca, - quel piacere, dico, è ben pagato, - troppo pagato eh! col dovere adesso raccomandare quel medesimo capo al carnefice perchè... te lo spicchi prestamente dal busto... con un colpo solo. O figli! voi non pensate alle vostre madri; imperciocchè, se la metà dei dolori che soffrono per voi vi fosse manifesta, non le travagliereste come fate. Tu sapessi quante volte, tardando a ridurti alle nostre case, se mai udiva per la notte sonare a disgrazia la campana della compagnia del Tempio, come cotesti squilli mi paressero voci interrotte della tua agonia, ed ogni squillo mi fosse una coltellata nel mezzo del cuore: ma ormai al passato non pensiamo più oltre, al presente nè anche: il nostro presente appena lo segna il sole sopra la meridiana; avvertiamo al futuro; se mai non mi uccidesse il dolore, mi aspetti la tua anima, perchè, senti, grande veramente è la misericordia di Dio, ma anche il tuo peccato è fuori di misura grande; ti sei pentito, sta bene; ma se ti accogliesse in paradiso, io temerei che Giuda mandasse dal profondo dell'inferno una voce a Dio che dicesse: Anch'io mi sono pentito; perchè non mi togli da questi tormenti, dove patisco da mille cinquecento e trent'anni?


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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