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      Essi, all'opposto, come Curzio, si cacciano nella voragine, non già per salvare, sibbene a perdere le menti in infelici sofismi: nella vertigine incomposta dei pensieri loro, afferrata una nuvola, si affaticano a foggiarla nel sembiante del Giove di Fidia, e un soffio leggiero di vento gliela converte nel più grottesco diavolo che dipingesse il Calotta nella Tentazione di santo Antonio. Icari dalle penne incerate, volano per cadere, - ogni nome di essi indica un errore, ogni sistema un grado di avvicinamento alla follia. Questa è la storia dei libri di siffatti empirici che hanno tolto il nome di filosofi. Tale tra loro in molti volumi s'ingegnò di provare l'uomo nascere incredulo, la scienza farlo scettico in prima, poi condurlo alla fede, - altri altre cose. Sortimmo noi la facoltà di pensare per disperderla in giuochi siffatti di spirito? E poi hanno preteso descrivere Dio, le leggi della creazione, e stampare la carta topografica dell'anima con la famiglia delle passioni e delle idee. Fossero stati almeno cotesti loro sogni leggiadri! Ma no, tenebrosi, confusi a guisa di deliri, spossano l'anima e la infastidiscono miseramente. Sempre nel disegno di sostituire i propri vaniloqui alla esperienza, parlarono di morale e di politica. Qual morale! Qual mai politica!
      Non si adoprarono già a temperare l'orgoglio dei fortunati con la evidenza di un fine comune, - non intesero a sollevare gl'infelici con la speranza di più nobili destini, - non ispesero l'opra a provvedere all'effettuale miglioramento di tutti, - no; pretesero provare ottime le condizioni presenti della umanità; non dissero al caduto: Sorgi.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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