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      Dalla parte di occidente il Vitelli rovesciò spazio non minore di muraglia ma, capitano più circospetto di don Diego, abborrì avventurarsi in quel fondo e si rimase contento a quella prima prova. Nella notte, che come è madre di alti partiti agli animosi così partorisce le paure e i sospetti nei codardi e i tradimenti nei perversi, si restrinsero insieme i più doviziosi di Empoli, tra i quali la storia ricorda Nicolò di Quattrino e Francesco di Tempo, e agli adunati l'Orlandino espose: - come essi dal resistere più oltre molto avessero a perdere, nulla a guadagnare; non volessero mostrarsi tenaci a difendere la libertà di Firenze più di quello che si fosse mostrata la medesima Firenze; già avere ella capitolato; Ferruccio disfatto esulare di Toscana; ormai le cose della Repubblica disperate del tutto; in quanto a sè, uomo di guerra, nulla potere aspettarsi di buono dalla pace; non pertanto increscergli forte delle loro famiglie e di loro; si accordassero ora che si trovavano in tempo buono; non vedevano lo sbigottimento dei soldati dopo che avevano veduto cascare morto su i bastioni il suo capitano Tinto da Battifolle? pensassero qual prova avessero fatto le mura della terra, che il troppo fidente Ferruccio sosteneva bastevoli a qualunque più fiera batteria. In cui fidavano? No certo nel Giugni, badassero che un giorno o l'altro cotesto accidioso, sè e i soldati acconciando con gli avversari, non lasciasse i terrazzani a distrigarsi come meglio sapessero con loro. Dessero pertanto spesa ai propri cervelli; egli ammonirli a fine di bene.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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