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      Quantunque di natura piuttosto superbo che altero: come Provenzano Salvani(297), si condusse a tremare per ogni vena supplicando fin colle lagrime i più facoltosi tra i cittadini pisani, affinchè gliene imprestassero, offrendo sicurezza sopra i suoi beni e su quelli dell'Orsino: vedendo non fruttare le preghiere nè la promessa di largo guadagno, mutata mente, impose pagassero; chi rifiutasse sarebbe carcerato; sopportassero tutti la taglia così cittadini come forestieri; e poichè uno di loro disse avrebbe sostenuto piuttosto morire di fame o impiccato che pagare pure un quattrino, comandò nessuno ardisse recargli cibo o bevanda. L'ostinato Pisano non perciò si rimuoveva(298), e il Ferruccio sempre più si fermava nel suo proponimento, e lo avrebbe per certo fatto impiccare, se i suoi parenti pagando per lui non lo avessero liberato(299).
      Nè già si creda che nel Pisano ciò fosse tutta avarizia, ma in gran parte rancore contro i Fiorentini, i quali dopo ferocissima guerra più che quindicennale tolsero alla sua patria la libertà. Fu questa veramente colpa dei Fiorentini, della quale però gli avrebbe, non che assoluti, celebrati la ragione politica, se, come intendevano, riuscivano a dominare sopra la universa Italia. Tra la serie infinita di sventure volle il destino che il concetto medesimo agitassero i principi e le repubbliche d'Italia, ma le forze si trovassero così equilibrate con quelle degli altri, tanta sapienza dimostrassero gli stati a stringere lega tra loro, onde altri non crescesse, che nessuno potè condurlo a fine; sicchè le conquiste delle terre vicine, mancato lo scopo, parvero ingiustizie, l'esito non giustificò la rapina; suscitaronsi odii che non poterono poi spengersi con i vantaggi di bene universale; l'amore di municipio non si trasfondendo nell'amore di popolo italiano, diventò furore.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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