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      E bada a tirare giusto... un colpo, e basta.
      I cavalli si avventano, scomparisce lo spazio; all'improvviso s'innalza una densa nuvola di fumo; da una parte e dall'altra si sono mandati la morte scaricando gli archibusi. Chi rimase in sella? - chi ricoperse cadavere illacrimato il terreno? Non alitando soffio alcuno di vento, il fumo continua ad ingombrare il campo della zuffa. Di lì in breve però un magnifico cavallo ornato di piume galoppa, privo di cavaliere, di su di giù per le squadre dei soldati, empiendo il campo di tumulto e di spavento. È il cavallo del principe di Orange. Il suo signore giace spento nel fango trapassato da tre palle di archibuso, una nel petto, un'altra nel braccio sinistro, e la terza nel collo sotto la nuca(334).
      E da un altro lato della nuvola del fumo sbucarono due cavalieri, gridando: "Salva! - salva!" - spingendo alla dirotta i cavalli. Erano Herrera e Rossale, cui la paura di comparire davanti al giudice supremo col sangue fresco di un assassinato sopra le mani rendeva codardi.
      Tutta la gente di arme si disperse fuggendo, sicchè a Pistoia prima, poi a Firenze e al papa in Bologna corse la fama della disfatta e della morte del principe, sentendone, secondo i desiderii diversi, o immensa gioia, o infinita tristezza.
      Per quello che abbiamo potuto indagare, sembra che da tre parti arrivasse sul principe la morte, dagli archibusieri appostati a Vecchieto, dai terrazzani schierati sulle mura della Gavinana e dagli assassini, ai quali in nome del papa era stato commesso il tradimento.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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