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      E fu questa battaglia degna di Omero, - ma noi non possiamo avere un Omero. Egli cantava all'ombra dei laureti cresciuti a coronare la fronte degli eroi che ascoltavano, - noi seduti sopra un sepolcro narriamo storie alle ossa inaridite; - la traccia di quel divino sopra la terra greca assomigliava alla carriera del sole nel firmamento, splendida e sublime; - non che le case, gli schiudevano i tempii, ond'egli si santificasse col canto. - Poco gli nocque essere cieco degli occhi del corpo, dacchè le muse lo guidavano e la gloria gli rischiarava l'intelletto. - Quando le labbra frementi susurravano l'ultimo verso del canto, e la corda vibrava l'estremo tocco, egli sentiva distinto l'alitare dei petti ai circostanti, e il suo cuore si empiva di nuovo sangue e di nuova poesia, argomento di forza alle immagini future. - La vergine greca colla mano e la guancia appoggiate alla spalla del garzone, come la Psiche di Canova su quella di Amore, udendo le miserie di Andromaca, obliò un istante il suo affetto e gemè per la sconsolata regina; - la madre argiva, al racconto delle stragi di Ettore Priamide, si strinse più forte il pargoletto al seno ed abborrì la guerra, - ma quando le furono rivelate le mirabili prove di Achille, le s'infiammarono le guance, e l'entusiasmo della patria la inebriò; allora guardando con occhio scintillante il suo figlio, esclamava: Abbi la fama di Achille, - e con voce più bassa aggiunse: più provvida di Tetide, io guarderò a tuffarti interamente in Lete. - E quando un fatto comune chiamò la grande anima di Omero nel regno delle ombre, i Greci lo assunsero in cielo, are gl'innalzarono e voti, come a Dio, - sette città se ne contesero la nascita; - i sapienti loro ne derivarono leggi, politica, morale e quanto abbisogna al retto ordinamento della umana società; - lo consultarono come oracolo, ne trassero responsi.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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