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      - Su parla, uomo prode, e non isdegnarmi, dacchè io per me sono umile cosa, ma l'ufficio che ministro presso di te è santo."
      Il Ferruccio stese, quantunque a fatica, la mano al soldato e con piccola voce rispose:
      Se alcuno io mai avessi voluto scegliere onde portasse la mia preghiera al trono dell'Eterno, sareste voi, generoso nemico... Però non ho mestieri di ministri tra me e il mio Creatore: - io favello da faccia a faccia con lui. Che parlate voi di umiltà? Davanti la spada... davanti la morte siamo uguali, soldato..., e voi non sapreste immaginare, non dico più umile, ma più miserabile condizione di me che sento portar meco nel sepolcro il destino della mia patria...
      Tregua alle parole!
      interrompe lo Sciarra, "monsignor Fabbrizio Maramaldo comanda che, ad ogni patto, morto o vivo gli si meni davanti costui; unite l'aste delle picche, adagiatevelo sopra, recatevelo in ispalla e andiamo."
      Ciò dicendo mosse per aggiungere alle parole l'esempio e già stendeva le mani su quelle sacre membra, quando Vico Machiavelli saltando all'improvviso in piedi lo respinse lontano, poi levatasi la destra dalla ferita strinse la spada ottusa nel taglio, troncata nella punta, e l'alzò per percuoterlo. Ahimè! Il sangue spiccia a zampilli fuori della ferita, egli vacilla com'ebbro e, dopo alcuni vani conati per sostenersi, stramazza duramente per terra.
      Annalena gittando un urlo disperato abbandona il capo del Ferruccio e si protende smaniosa sul corpo del marito.
     
      Dirimpetto alla chiesa della Gavinana sorge una casa, una volta Battistini, oggi appartenente ai Traversari.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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