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      - State a vostro agio, come a casa vostra. Ci avanza ancora qualche poco di vino; vorreste saggiarne? - Vino d'assedio... ma vi do quello che ho, e di cuore...
      E tutte queste parole erano profferite con procacia e petulanza tali da movere a sdegno i più mansueti.
      I Dieci però o non si sdegnarono o molto bene dissimularono l'ira concetta; onde mansueti risposero:
      Gran mercè, signor capitano generale, - noi ci staremo in piedi; la urgenza del caso è tale che non concede la perdita di un momento di tempo.
      Orsù dunque dite: io tutto orecchie vi ascolto.
      Malatesta, - voi siete cristiano, e vi supplichiamo per Dio; - voi siete soldato, e vi supplichiamo per l'onor vostro; - voi siete padre, e per l'amore dei vostri figliuoli vi scongiuriamo a prendere pietà del nostro infelice paese. Voi lo sapete, Orange è morto, - morto pur anche il valoroso Ferruccio; - il nostro esercito rimase rotto, ma la vittoria del nemico si assomiglia alla sconfitta; possiamo anche vincere, conduceteci all'assalto del campo, - noi confidiamo sia per riuscirci agevole opprimerlo; - vuoto dei migliori soldati, sbigottito, diviso di voglie, forse mai come ora ci stette in pugno la vittoria. L'ordinanza della milizia ad alta voce domanda mescolarsi col nemico.
      Ordinanza! Poveri folli! Ma che? credete voi che ordinare una battaglia, esercitare il mestiere del soldato sia come cimare panni, tignere sete e sedersi in banco a dare a prestanza sul pegno al venti per cento d'interesse? Chi vi ha contato tante novelle? Così foss'io sano, com'è Orange!


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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