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      Pervenuti al palazzo del Bini, assai facilmente ottennero l'ingresso, se non che, appena entrati, vennero loro dietro chiuse le porte, e si trovarono in mezzo ad una frotta licenziosa di soldati. Dopo un attender lungo, durante il quale ebbero a soffrire gli ammicchi, i sorrisi beffardi e le minacce mezzo susurrate dei cagnotti del Malatesta, scese il comando che proseguissero. Andarono con miglior volto che animo, tanto più che salendo le scale si accorsero siccome avessero trattenuto dal seguitarli il notaio e i mazzieri.
      Nel porre il piede nelle prime sale occorse loro una quantità di giovani nobili, i quali, ormai apertamente ribellati alla patria, tenevano pel Malatesta. I commessari e i giovani abbassarono gli sguardi, i primi per l'amarezza che sentivano del misero stato a cui si trovava ridotta la patria, gli altri per rimorso di tale un'azione intorno alla quale si sforzavano invano acquietare la coscienza col dire che tornava in vantaggio manifesto del proprio paese.
      La stanza del Baglione era ingombra di gente. Cencio, prossimo al suo orecchio, gli versava nell'anima il fiele concepito pel severo rabbuffo e pel pericolo sofferto poco anzi dalla Signoria. Biagio Stella, Margutte da Perugia, Pasquino Côrso ed altri più assai fidati di lui davano delle giravolte intorno ai commessari investigando sottilmente se sotto le vesti portassero armi da offendere e porgendo attentissimi gli occhi alle mani. Quivi pure incontrarono Zanobi Bartolini, il quale, ormai strascinato dagli eventi e costretto (come per ordinario avviene a cui si mette sopra mal pendío) a fare più di quello che si era da prima proposto, non pensava essere sicuro, se non se nella casa del traditore della patria; e Ormanozzo Dati e Alamanno dei Pazzi con altri molti di quei giovani che furono dei primi nel ventisette a prendere le armi contro i Medici e a trascorrere in atti disordinati, come sfregiarne gli stemmi, arderli in simulacro, rimoverne le statue dalle chiese, incendiarne le case.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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