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      I piedi del papa pestarono la barba del frate, il volume delle sue vesti pontificali s'intricò alle membra di quello, ma egli continuò il suo cammino senza badarlo, senza pur fare sembiante di vederlo, senza movere parola di lui. Terminata la visita del castello, e pervenuto sopra la soglia della porta, sul punto di prendere commiato da Guido, accostandogli le labbra all'orecchio, gli susurrò:
      Benedetto da Foiano è passato a vita migliore: monsignor vescovo, di qui a cinque giorni voi gli direte o farete celebrare l'ufficio dei morti.
      Mai no, Santità, riprese Guido, che il Foiano vive, ed io ve l'ho posto sul vostro cammino perchè lo vedeste e gli usaste misericordia...
      Tacete; - io vi dico ch'è morto, - e voi procurate di celebrargli l'ufficio.
      E siccome il vescovo di Civita se ne stava a guisa di smemorato, papa Clemente scotendogli il braccio con giovanile gagliardia, replicò cupamente:
      Non intendi, stolto? - egli deve morire.
      Venne l'ora consueta in cui solevano apportare al Foiano il cibo e la bevanda, ma egli attese invano gli alimenti; - pensò se ne fossero dimenticati e si pose pazientemente ad aspettare. Intanto il digiuno si prolungava, e lo stimolo della fame cominciava a tormentarlo; - si affacciò alle ferrate guatando bramoso se gli occorresse anima viva; - alla fine vide un soldato e lo scongiurò andasse dal monsignor Guido ad avvisarlo che non gli avevano portato il pane e che si sentiva fame; il soldato scosse la testa e si allontanò silenzioso. - Dopo lungo tempo ne comparve un altro, ed egli, "Fratello, in carità, si pose a gridare, - porgimi un poco di acqua, - le mie viscere ardono.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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