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      - Il bargello non lo trovò e si morse le dita.
      Intanto Clemente, sia per superbia di principe, sia per mantenere alla casa dei Medici l'antica fama di proteggitrice munificentissima delle arti, o perchè sentisse che la morte di Michelangiolo gli avrebbe concitato contro la indignazione dell'universo; sia finalmente (come altra volta Nicolò Machiavello insegnandolo lo avvertiva) - nessuno scellerato trovarsi così pienamente perfido che in sè non abbia parte alcuna di meno tristo, Clemente insomma spedì a Roma un cavallaro a posta a Firenze con ampio salvocondotto per Michelangiolo ed ordine espresso di non torcergli pure un capello. Michelangiolo, assecurato, uscì dal suo nascondiglio e salì al poggio di San Miniato per contemplare pure una volta la sua diletta Firenze; la fissò lunga pezza, e valse quella visione a stampargli sul volto i segni di dieci anni di vita consumata: scese chiuso nell'ira e nel dolore, e giunto a mezza costa percorse correndo e tempestando l'altra mezza, spesso borbottando tra i denti: Io la vendicherò; - e guardandosi le mani aggiungeva: Voi sole mi basterete allo intento.
      Da quel momento non si lasciò più vedere, - si chiuse nella sua officina coi marmi, co' ferri e coi furori suoi; disse volere scolpire la tomba a due Medici, Lorenzo duca di Urbino e Giuliano duca di Nemours; cominciò il suo lavoro senz'altro modello che la idea che ne aveva concepita nella mente e con l'impeto per cui, secondo narra il Vasari, pareva che in breve ora dovesse sbrizzare masse enormi di marmo.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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