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      Troppo grave offesa era questa alla libertà della Repubblica, e nonpertanto poca alla cupa libidine di Clemente. Nè già era costui ardito, come il Valentino, da porre la fortuna sopra un dado e trarne fuora Cesare, o nulla(362), bensì tale, conservato prima il mal tolto, da condursi per via di avvolgimenti a nuove rapine, - e nemmeno apertamente iniquo, come il conte Francesco Sforza, sibbene, il costume de' suoi maggiori seguitando, tale da mettere con arte altri innanzi, corrompere, tentare il terreno, fingere insomma d'indursi con mala voglia e richiesto a fare quello che, se meno era codardo, avrebbe a forza voluto e acquistato. - Cominciò ad usare suoi ingegni con Baccio Valori, Francesco Guicciardini, Francesco Vettori e Marco Strozzi; se non che questi, non meno tristi di lui, e più di lui astuti, quantunque indovinata la sua mente, fingevano di non intenderlo, parendo a loro esorbitanza degna di eterna infamia privare affatto la patria di ogni simulacro di libertà.
      Considerato allora Clemente che quel battere delle buche non faceva saltare fuori la lepre, deliberò vincere la ipocrisia e mostrare aperta la sua intenzione; cosa, la quale sebbene apparisca dovere essere agevole a cui abbia ormai conculcato la virtù, vediamo all'opposto riuscire ardua a praticarsi, certamente perchè quanto più l'uomo abbandona la sostanza, tanto maggiore sente il bisogno di attenersi alle apparenze. - Chiamava pertanto a Roma Filippo Strozzi, disegnando adoperarlo per mandare a fine il suo proponimento.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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