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      Giunto Filippo in Roma, Benedetto Buondelmonti in nome del papa si fece ad incontrarlo e gli disse essere giunto il tempo di ricuperare la grazia del pontefice smarrita e cancellare i sospetti passati, assentendo o tutte le cose che gli verrebbero proposte, ossivero di contradirle senza profitto della città e con suo pericolo estremo. Filippo prontamente si offerse qual più lo volessero, consigliere o cooperatore. Cominciarono i segreti colloqui col papa, dove, oltre lo Strozzi e il Buondelmonti, egli raccolse Iacopo Salviati, Roberto Pucci, Bartolomeo Lanfredini ed altri pochi della casa Medici svisceratissimi. Il papa espose che, essendo in là con gli anni, voleva scendere nel sepolcro sicuro che la signoria di Firenze si mantenesse nella sua famiglia, la quale a lui pareva che bene la meritasse per gli amplissimi beneficii, così in pace come in guerra, procurati a suo vantaggio. E Filippo tosto chiosava il testo dimostrando con mirabile eloquenza tempestoso il vivere nelle repubbliche; doversi ai grandi corpi politici dare un capo, una forza unica, una rappresentanza alla quale i cittadini, non potendo pervenire, cessino d'invidiare, il governo assoluto in somma; consiglio non meno pernicioso che stolto parergli quello di lasciare a governo di Firenze, siccome era al presente, due teste, il duca e la Signoria; ciò partorire pessimi effetti e mostruosi non meno nei corpi morali che nei fisici; chiamarci alla unità la natura, con splendidi esempi manifestarcela, Dio ottimo massimo esistere solo.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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