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      E Carlo tremante, volendo e non potendo sdegnarsi, che il rimorso lo pungeva come aspide, rispondeva:
      Tornate in patria; - riavrete le vostre sostanze, purchè vi lasciate governare dal duca Alessandro.
      Noi vogliamo patria e libertà; tu ce l'hai rapite, e noi da te le ripetiamo, - e te le richiederemo al tribunale di Dio.
      Il caso avveniva a Napoli; - era l'egregio vecchio Iacopo Nardi. - Io non mi dilungo su questa avventura: adesso cominciano tempi squallidi e che pure meritano essere esposti per insegnamento degli uomini; ed io nel sospetto che le anime gentili si sconfortino nell'udirli raccontare, considerando con occhio attonito come manchi talora all'uomo una caverna per ripararsi dalla procella della tirannide, che pure fu concessa alla belva per ischermirsi dalle tempeste della natura, gli lascio. Cominci da lei chi detterà la storia del principato; - la protesta del Nardi in cima al libro parrà quasi l'impronta di Caino sopra la fronte del tiranno. Su via, sorga qualche animoso in Italia che sappia scrivere un libro col cuore col quale combatterebbe una battaglia. Nella terra di Dante non nascerà più alcuno che valga ad apparecchiare un nuovo Inferno d'infamia a coloro che ridussero in servitù la nostra bella Firenze?
     
      Il poema a cui non pose mano e cielo e terra, e che tuttavolta mi è sacro(363), qui ha fine. Però a me e ad altri sembrerebbe incompiuto, dove non raccontassi gli ultimi fati dei più notabili tra i personaggi del mio dramma. Adempirò a questo ufficio con anima pari a quello che, la Dio grazia, ho saputo conservare fino a questo momento.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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