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      Comecchè io fossi degno di avvilimento e di peggio, non per questo mi sei meno spergiuro. Tu hai falsato meco tutti i tuoi giuramenti...; solo mi gittasti davanti un brano di popolo ond'io mi v'insanguinassi le labbra, - e potere dir poi: Vedete, anch'egli è della famiglia dei lupi...
      A che mi valse il tuo consiglio, Cencio? - I miei bravi percorsero tutte le corti d'Italia, mandarono cartelli a chiunque osasse chiamarmi traditore. Sono stati derisi, e gli hanno rimandati dicendo: Non fa mestieri duello, - chi dubita essere stato traditore Malatesta?
      Clemente ha preposto al governo di Perugia Ippolito cardinale suo nepote: questi ogni giorno appresta insidie alla mia vita; - mi dolgo al papa, ed egli risponde non essere atto a fare stare a segno un cervello così eteroclito e balzano, volendo per questo modo significare che mi concede in preda al mio nemico, tanto crudele più - quanto la sua ira non nasce da passione, ma da disegno. - Odia costui la tirannide perchè non fu promosso tiranno, - ora ostenta modi ed affetti repubblicani, blandisce i fuorusciti, accarezza Dante da Castiglione, aizza contro di me i Perugini; - queste misere reliquie della mia vita contende alla infermità e desidera spingermi per morte sanguinosa dentro il sepolcro. - Ahi stolto! se tu indovinassi quali giorni io tragga, tu manderesti pel fisico più famoso del mondo onde cercasse allungarmi la vita. Qual supplizio presumi inventare più tormentoso della mia coscienza?
      E Cencio, che pochi giorni innanzi era stato preso a sassi dalla famiglia del cardinale, ed uno dei fanti aveva ardito perfino levargli la spada, romperglierla a mezzo, e quindi dargli dei tronconi nel viso, con voci di sospiro lo interrogava:


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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