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      Traendo dolorosi guai, il Malatesta precipita, quando, sul punto che meno se lo aspettava, occorre in certo oggetto al quale si raccomanda tenace; - sovvenuto da simile sostegno giunge a rilevarsi sopra i ginocchi. Assettatosi in questa posizione, alza la faccia e conosce essere il corpo a cui si attiene un colosso di bronzo. Egli era addobbato del manto pontificale, - portava in capo il triregno, - la destra teneva in atto di benedire; - guardando meglio, ravvisa in quel simulacro la immagine di papa Clemente.
      Allora, delirante di speranze, trasse con violenza a sè i lembi del piviale, supplicando tutto dimesso:
      Beatissimo Padre, per voi servire, questo c'incoglie; salvateci in nome di Dio dalla eterna dannazione.
      Gli occhi della statua coruscarono fuoco, - apersero le labbra e divamparono fiamme, e dopo le fiamme ne uscì una voce che disse:
      Dilettissimo figlio, noi vi abbiamo pagato, - noi non possiamo altro che darvi la nostra apostolica benedizione.
      E stese la mano verso la fronte del Malatesta; - la pelle riarse a quel tocco abbrustolita, e fra una traccia di fiamma verdastra v'incise un T. Non potendo tollerare il Baglione la immensa angoscia, portò ambe le mani verso la testa. Quando gli fu quieto di alcun poco il dolore, egli volle di nuovo afferrare il piviale del pontefice, ma si accorse esserne trasportato lontano; già le sue gambe si agitavano nel vano, - più che mezzo era immerso nella voragine, tenta - gravitando le costole sull'orlo dell'abisso - rimanervi sospeso; - gli torna ogni conato indarno, - non lo reggono i gomiti, - gli sfugge dalle mani la terra; - allora rabbioso immagina mordere l'estremo margine del pozzo.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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