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      Ad accrescere le sue angustie si aggiungeva che gran parte del male acquistato in Firenze sperperò giocando a carte, e quello che aveva potuto avanzare, tutto intento alla fuga, nel subito caso della sera precedente lasciò a Perugia. Come fare? Non fidava in congiunti, non avea amici, chè nei giorni della prosperità fu suo diletto l'offesa, e l'altrui danno contentezza.
      Mentre in questo modo si affanna, i suoi occhi si posano sopra la corona di conte del Baglione che doviziosa di perle posava sopra un pulvinare di velluto cremesino a canto del letto: con l'atto precorse il pensiero - l'afferrò bramoso e fuggì via.
      Pervenuto nell'altra stanza, si accorge che non potrà passare, con quel volume, inosservato in mezzo alle guardie del castello; pargli consiglio migliore staccarne parte delle perle, specialmente le più grosse, le quali giusta la foggia delle corone dei conti ne sormontavano le otto punte. - Ponendo portando senza intermissione ad effetto il suo disegno, trasse il pugnale e prese a scastonarle; - ad ora ad ora suo malgrado si volge verso la stanza dove si giace Malatesta, sospettando non abbia a rilevarsi e venire a strappargli la corona dalle mani.
      Ed invero Malatesta non era, siccome pensava, ancora defunto; - uno svenimento cagionato dalle terribili commozioni lo aveva assalito e, trovando le membra fievolissime, lo lasciava inerte come morto; - però sentì lenta nelle vene risuscitarsi la vita e, prima che la coscienza della sensibilità lo ravvivasse, lo gravò indistinto un senso di angoscia ottusa, affatto macchinale; - poi tornò la coscienza, e con la coscienza il pensiero, sibbene deviato dal vero, quasi strale che non colga più il segno.


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L'Assedio di Firenze
di Francesco Domenico Guerrazzi
Libreria Dante Alighieri Milano
1869 pagine 1163

   





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