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      Di cui la colpa? Colpa è di coloro i quali mentre Roma, e Venezia arieno ad essere i punti estremi della cote su cui arrotare il ferro, e la virtù italiana gittarono dentro lo spazio che intercede tra una terra e l'altra viltà, avarizia, ogni maniera di malvage passioni, e ignoranza e ne tramarono il lenzuolo dentro il quale si avvolgono i popoli diventati cadaveri.
      I preti quando dintorno rintrona il ruggito del lione tremano, e fuggono; allorchè poi vedono accostarsi le volpi dicono: perchè ce ne andremo? Non siamo volpi anche noi? Il crisma del Signore non fabbrichiamo noi altri? Sicchè, se siamo unti non si domanda nè anco! Quanto a corone noi ne portiamo tre.
      I preti ci procedono acerbamente nemici: chi li potrebbe condannare? Certo non io. Di vero, chi oggi ha in mano il freno d'Italia non li sa satisfare nè spengere, bensì intende arrostirli a lento fuoco come san Lorenzo, ovvero scorticarli a mo' di san Bartolommeo; e questo i preti ben possono con orazioni panegiriche levare a cielo, e chi lo patì, onde altri lo riverisca, riverire, ma non sostenere essi. La Chiesa non ha più mestieri di martiri; cessò di essere militante per diventare trionfante; se a taluno cui rimase addosso la vaghezza del martirio vuole cavarsene la voglia se ne va lontano lontano nelle parti degl'infedeli, però, che tra noi correrebbe il rischio di trovarsi chiuso in qualche manicomio, ovvero in prigione; dacchè le coscienze abbiano ad essere libere, e persona deve possedere la facoltà di turbarle.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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