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      E lasciamo questi ingegni magni da parte.... dov'è chi accenni portare sul capo la fiammella del Paracleto fra noi? Come l'uccello, secondo la stupenda similitudine di Dante, che su l'aperta frasca fisa la plaga di oriente pure aspettando che sorga l'alba, io mi volgo da tutti i quattro venti, smanioso di vedere sorgere la luce nuova di faccia a cui gl'ingegni nostri diventino quale si fa il lume di candela quando splende il sole nella gloria dei suoi raggi; ma, ahimè! da lungo tempo io lamento il secolo apparirmi simile all'uffizio della settimana santa dove al finire di ogni salmo spengono un cero; ed oscurata la chiesa, si annunziano poi le tenebre con le battiture.
      Senza paura, come senza offesa io lo dirò; non basta la gagliardìa; anco i gladiatori erano forti; e corre gran tratto tra coraggio, e coraggio; anco i gladiatori erano animosi, e sostentavano la vita per darsi la morte dinanzi ai Quiriti. La vita consolata da affetti, decorosa di sapienza, pura da colpa è sagrifizio degno della Patria; chi butta là la vita bestiale, fastidiosa, e contaminata offre alla Patria la offerta di Caino. I sommi capitani in antico comparvero eroi però che con lo intelletto intendessero e col cuore sentissero quello perchè combattevano, e palpitassero prima per la Patria poi per loro; nè le armi, già instituto di vita o fine delle azioni, bensì, mezzo o via per tutela della Patria, e della famiglia. Cincinnato, compita la guerra, ripigliava il solco interrotto nel campo paterno. Oggi, si corre dietro a' gradi della milizia al pari che dietro una prebenda, e il divario, che occorre tra un capitano e un canonico, gli è questo: che uno si procaccia il vivere con la spada, d'altro, se lo procura col breviario, onde se non trovi canonici che abbiano genio di capitano, ti occorrono qualchevolta soldati che arieggiano anco troppo del canonico; nè questo giudico il peggio.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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