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      Insomma, come la donna adultera della scrittura, questa setta empia si frega i denti e dice: - io non ho peccato! - All'opposto, sfrontata e bugiarda dopo avere seguito da lontano il Lione del popolo e dopo essersi, sozzo Jakallo, pasciuta dei suoi rilievi, montata su i trampoli, strilla: - -io feci, io fui. -
      Sembra impossibile a qual punto d'insania ella trascorra, perocchè adesso senza impeto alla scoperta ti affermi: - tarlo della Monarchia, io m'imposi; trovo il mio conto a roderla, e con lei mi sto, nè fie che me ne diparta finchè io non miri il popolo in procinto di empire le città di sangue con battaglia cittadina. -
      Il popolo ode queste sentenze uscire dalla bocca di coloro, che gli si professavano amici; leva gli occhi lenti e tardi a guardarli; li nota e ruguma sopra i tempi passati, e gli avvenire.
      E a noi, che gli parliamo parole di speranza, e gli diciamo: "non badare a cotesti insensati, è una eclissi che passa, una nuvola traverso la faccia del sole; ripiglieremo la via interrotta, cesseranno le mostre sceniche, i giorni delle vere battaglie torneranno, i generosi sul campo daranno e riceveranno perdono; - il popolo brontola cupo, e scorrubbiato: - via di qua poeti, perchè storcerete voi sempre il senso alle parole? E che prò trovate a nascondere la realtà delle cose? Lo hanno dichiarato espresso, bisogna combattere, e vincere, allora e solamente allora ci daranno ragione; essi hanno torto, e lo sentono, ma la legge adoperano come della lacciaia i butteri; chi preso tentenna, sente stringersi il collo.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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