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      Per quanto amore portate a Dio lasciatemi stare; io non vi chiamerò perfidi ingannatori, ma ingannatori siete perchè vi ostinate a volere essere ingannati. Ormai, dinanzi al popolo la setta empia mette due vie, quella di buttarsi sopra la terra e confidarsi nel tempo che consuma il tiranno e lo schiavo, i re, e i popoli, che logora le catene, e i polsi, i flagelli, e le schiene, appo cui tutto è foglia che disperde il verno; il tempo che ogni cosa travolge dentro ai sepolcri. Ah! poichè il sommo Creatore non volle impedire alla ingiustizia di ramificare le sue potenti radici sopra la terra a sollievo di tanta amarezza mandò la morte. - E' pare insensato, ma io popolo, affermo solennemente e predico, che senza la morte non potrei più sopportare la vita...."
      Ecco che ci risponde il popolo adesso che gli favelliamo liberi in tempi che salutano di libertà; prima, le nostre parole scendevano nel suo cuore, auspici la persuasione, e la speranza; adesso la rabbia le respinge pari al demonio che sbatte le porte in faccia all'angiolo, nella divina Commedia. E l'empia setta(5) presume conoscere il popolo, e si vanta tenergli le mani nei capelli. "Esagerazioni! ella esclama, qualcheduno di coloro che a prezzo di vita acquistarono un regno alla Italia morì di fame; forse tal'altro per non patire vergogna portò contro di sè le mani violente; le sono cose che tutto dì accadono, nè per questo se ne "turbano l'ordine delle stagioni nell'anno, nè lo appetito a noi."
      Oh! dateci, ridateci i nostri gesuiti, e i vecchi sbirri, e le vecchie manette; dateci tutto, tutto, a patto che ci si ridia il popolo che tremava di odio contro lo straniero, il tempo che al cittadino italiano preso in sospetto di odiare meno l'oppressore della Patria era mestieri ripararsi in istranie contrade, la stagione nella quale un'uomo perchè aveva accettato ufficio da principe assoluto trovò chiusi i cuori e le porte dei suoi amici(6), la carcere dove si poteva serivere; il Papa vuolsi aborrire per tre tiranni però che porti tre corone sul capo(7).


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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