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      Non si può, e molto meno io voglio disdire, che buona parte di umanità rimanga di qua dall'argine, ma ce la tengono la usanza, e lo errore, che d'ora in ora dimoiano meglio, che neve di aprile. - La umanità che pensa ed ama, non offuscata da tristi partiti, oggimai per mirare la Chiesa cattolica bisogna che si volti addietro; e senza ira, le dice: "tu mi sparisci nelle nebbie del passato; non io ti condanno; ti condannasti tu stessa alloraquando ti togliesti di camminare innanzi; io precedo con Cristo trionfante, quello che io ti lascio, è il suo sepolcro vuoto."
      A queste cause antiche ed universali di mortifera decadenza, il Pontificato ne aggiunse altra recente e peculiare al nostro paese; pensando egli riprendere lena co' sermoni dei vecchi, raccolse vescovi di ogni gente a Roma perchè dichiarassero in modo solenne, sacro, e santo, e necessario il potere temporale al governo delle anime: nè qui passavano il segno, passarono il segno, e fu oltraggio e minaccia quando bandirono Roma non appartenere agl'Italiani, bensì a non so quante centinaia di mila cattolici. - Dopo ciò, la guerra è rotta. Roma importa diventi nostra e subito, o noi cessiamo favellare della unità d'Italia. -
      Sia che il popolo largisse Roma al Pontefice, o i greci Imperatori, o i franchi gliela donassero, non può fare a meno che gliela dessero come a principe, o delegato di principe, e gliela trasferissero nel modo ch'essi la possedevano; ora il derivato non ha, nè esercita maggiori diritti di quelli che gli vengono dalla sua origine: e ciò quanto a legge.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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