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      Or bene, ciò che la Corte di Roma nè anco ai tempi di Sisto V pativa, oggi patisce; nè soffre solo, bensì promuove, ostenta, e se ne vanta.
      Ma là dove si trattasse sottrarre un capo dalla scure, e il rifuggito agitassero la paura ed il rimorso, di ora in poi egli avesse a strascinare la vita penosa come palla incatenata ai suoi piedi, nè inteso ad espiare l'antico potesse commettere nuovo delitto, forse vi sarebbe tale, che non approvando mai, pure compatisse alla pietà del sacerdote del mitissimo fra quanti Dii furono al mondo, e sono. Ora, ditemi, uomini italiani, egli è così che si mostra il sacerdote romano? Quando mai il preteso vicario di Cristo si mostrò avaro di sangue, comecchè innocentissimo? Costui mette lo sentenze di morte ai piedi di Cristo! Ma che mai gli hanno a dire i piedi di Gesù quando gli manca un raggio della bontà del suo cuore?(9) Quando ei fuggiva da Roma con la pisside di Pio VI in seno, e al fianco la donna Spaur, nata Giraud, egli non cessò mai (racconta la donna Spaur) supplicare il divino Redentore per la salute dei suoi persecutori, i quali più tardi mandava spietatamente a morte(10).
      E poi ben'altra è la ragione dello asilo che adesso fre Roma ai masnadieri della terra. Non si tratta già salvarli alla pena, al contrario, spingonsi ad uccidere e; essere uccisi; non gli accoglie dopo commesso il deliti bensì gli ordina, e li manda a tuffarsi le mani nel sangue non alla espiazione, ma alla colpa: il danaro raccolto dalla pia credulità dei fedeli a Roma si converte in istrumenti di morte; costà si fabbricano pugnali che per temperare più taglienti dopo averli arroventati nel fuoco del sacro cuore di Gesù, spengono dentro l'acqua benedetta.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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