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      - Considerate attenti il libro del prode Santarosa: Carlo Alberto il giorno 13 marzo annunzia la costituzione dalle finestre del palazzo, il 14 la giura..., accorsi i Milanesi a profferirgli di buttare all'aria la Lombardia, gira nel manico, e si tira indietro, onde al conte Santorre tocca dire: "dov'era andata allora, o Principe, la smania antica di liberare la Italia dallo straniero? Donde in voi siffatto mutamento? Forse, l'ardire si destava in voi quando la occasione di adoperarlo era remota, e cagliava avvicinandosi?" Il rifiuto del re di ricevere Lisio, Santarosa, e Collegno si giudica come difetto di cuore a sostenere i liberi sguardi di tre animosi cittadini, mentre forse fin da quel punto gli stava fisso nella mente il pensiero di tradire la Patria. - Se in vece di Villamarina prepone al ministero della guerra il cavaliere Bussolino, sì il fa: "perchè con la scelta di uomo meritamente riputato lealissimo da tutto il partito costituzionale ei si lusinga celare meglio i disegni nefari." E già la Costituzione era abbandonata dal suo capo spergiuro, quando interrogato dal ministro dello interno circa le voci sinistre, Carlo Alberto le ributta sdegnoso come contumelia plebea; poi dà la posta dell'ora pel giorno veniente al ministro dello interno e ad altro collega, per negoziare intorno alle faccende di stato; e nel fitto della notte si fugge conducendo seco le guardie del corpo, l'artiglieria leggera, i cavalleggeri di Savoia, e il reggimento Piemonte reale cavalleria; che se domandi (così sempre ragiona il conte Santarosa) per quale causa egli


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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