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      Certo possiedono scrittori insigni, ma si conosce di botto, che appresero l'arte su i libri, onde il Botta adopera un tal quale stile, che ti sembra gittato sopra il modello del Casa o di qualche altro autore del secolo decimosesto; e il Gioberti ti turbina in mezzo una lavina di parole, elette se vuoi, ma così rimescolate, che è spasimo leggerle: dei minori taccio, i quali nè troppo studiosi dei classici, nè tutti in balia ai modi del dialetto, a leggerli ti alleghiscono i denti(50).
      Se pertanto presumono i Piemontesi impiombarci su la lingua la favella loro, tu pensa se tutte le altre o usanze, o pratiche, od ordini dove qualche volta gli assiste la ragione. - A questa superbia dette nome scientifico il Gioberti cavando fuori il vocabolo greco di egemonìa il quale denota sempre potestà soprastante così regia come popolesca, ed egemonìa chiamarono gli antichi la Luna effigiata con due pallide fiaccole nelle mani a rischiarare col lume accattato il sentiero ai sorvenienti. Il Gioberti col nome greco insomma volle farci palese, che i suoi conterranei possedevano diritto, abilità, ed anco dovere di plasticarci a similitudine loro, cacciarci quanti siamo Italiani dentro la forma dove fabbricano i mattoni a Torino; ed esemplificando contemplava nel Piemonte la Macedonia italica, e nelle terre nostre il Peloponneso, l'Attica, la scaduta Lacedemonia, e la Beozia d'Italia; costà sorgevano Filippo, e Alessandro, quì da noi retori, e artisti ornamento alla magnanima rudezza. - Cotesto ingegno tumultuario che chiappava le cose a volo, e di cento aspetti, che presentano, si fermava sopra quel solo, che porgeva rincalzo alla sua scapestrata immaginazione, non comprese come la egemonìa macedone si traducesse in tirannide, in guerre interminate e senza costrutto, in morte della libertà interna, in guerre civili, e per ultimo in servitù straniera.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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