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      Ed anco ai tempi che corrono mandre di pecore, di bovi, e di cavalli selvaggi ti avvertono il deserto cingere attorno la città, o piuttosto la natura silvestre: appena varcate le porte ecco dinanzi a voi lo spazio sterminato e mesto; il sole sembra versarvi sopra con la luce la malinconia, e la malaria: di tratto il cane custode dell'armento si avventa sul passeggero che nella sua salvatichezza non distingue dal lupo; il bufalo leva il capo dalle erbe paludose e seguita lungamente il pellegrino attonito che altra orma eccetto la sua si stampi in cotesto deserto; nuvoli di corvi gracidanti pare che ti presagiscano la febbre maligna in pena della tua audacia di avere penetrato nel loro dominio. In mezzo a cotesto lugubre silenzio ti accorgi che la desolazione stessa consumate le grida, e il pianto ora si tace: non più coltura, non più popolo, gli acquedotti sono privi di acqua, le tombe di ceneri. Ci sono i Preti!
      E tuttavia scrive Livio con la consueta sua magnificenza: "non senza consiglio gli Dei, e gli uomini scelsero cotesto luogo per porvi Roma; quivi colli saluberrimi la circondano, quivi il fiume destro per trasportare agevolmente dalle spiaggie mediterranee le vittuarie, e i cibi marini; prossimo ha il mare per le sue comodità, non però troppo da temere offesa di armate nemiche: luogo unico insomma per giacitura in mezzo alle terre d'Italia, e per augumento di Roma(67)."
      Ma Livio non presagiva il dominio dei Preti capaci a disfare in tre quanto il Creatore fece in sette giorni con le poderose sue mani: e posto eziandio, che Livio movesse soverchio affetto ella è cosa sicura, che Roma sotto Augusto conteneva quattromilioni di anime, e ai tempi di Vespasiano il suo circuito sommasse a 13,200 passi.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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