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      Il Papa presagiva, e per quanto stava in lui provocava l'anarchia universale, sapendo come in siffatte occasioni il corpo più ordinato degli altri (e basta eziandio meno disordinato) s'impadronisca del moto; però la dominazione langobarda non che emula ma nemica detestava; nondimanco Liutprando pure queste cose sapendo col mostrarsi quanto il Papa, e più del Papa, svisceratissimo della purità della fede cattolica assaliva l'esarca a Ravenna e lo costringeva a consegnargli la terra donde poi gli sarebbe fatta facoltà di conquistare la rimanente Italia.
      Chi si tolse il peso enorme di scolpare il pontificato avverte come il Papa si oppose a che Liutprando usurpasse Ravenna, ed anzi non quietò se prima con esortazioni, e con profferte di soccorsi non ebbe mosso Orso doge di Venezia a ripigliarla ed a restituirla all'esarca; la quale cosa intendendola come si manifesta menerebbe alla conclusione, che il Papa dannava in altrui quanto per sè sosteneva buono; il panno mostra la corda; egli non pativa aumento di potenza nei Langobardi, e poichè per allora non la poteva pigliare per sè procurava la rendessero al greco imperatore, come quello a cui debole essendo e remoto si poteva con più agevolezza a tempo ed a luogo cavare di mano. Perché i Veneti non si tenessero Ravenna non fie difficile indovinare; fatti i conti più volte, essi avranno trovato che cavavano più utile dare, che tenere Ravenna a cagione dei traffici loro in oriente, i quali avrebbero sofferto forse irreparabile danno se si fossero accapigliati co' Greci: lo interesse, ch'è la più salda canapa per filare legami fra gli uomini, in cotesto tempo teneva stretti insieme Veneti e Greci; di vero Gregorio si pose in balìa ai Veneti per disperato, essendo prima ricorso a Carlo Martello, che al non volere (stando egli allora in procinto di rompere guerra ai Salici ed agli Aquitani) dava colore onesto di non potere, però che Liutprando gli avesse salva la vita sul campo di battaglia e per giunta adottato il suo figliuolo Pipino, onde Gregorio III successore di Gregorio II, il quale di coteste lustre s'intendeva, appena seppe Carlo Martello sviticchiato dalla guerra salica, ed aquitana, lo tentò da capo mandandogli solenne ambasceria con lettere, e doni.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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