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      Il Papa (era morto Zaccheria, e successogli Stefano II, ma non fa caso) nonostante le carezze franche non ottiene schermo contro Astolfo, eccetto parole, e questo re dalle mani grifagne, rotta la tregua stabilita coll'imperatore assalta Eutichio esarca di Ravenna alla sprovvista; gliela piglia; poi lo esarcato, nč si ferma lė, chč cercando briga con Roma la intima a pagargli come a signore di Ravenna il tributo del soldo d'oro a testa: nicchiando i Romani a suggestione del Papa egli muove con lo esercito a Roma, occupa il contado, i poderi pontifici devasta dopo averli insieme con gli altri saccheggiati. Stefano con molte lamentazioni si volta a Costantino Copronimo, figlio di Leone scomunicato, e maledetto come eretico perchč continuatore dell'odio paterno contro le immagini: ma necessitā non conosce legge, ed anco per meno la Chiesa smette l'ira non l'interesse; il Copronimo tribolato dai Bulgari invece di soldati manda oratori; al malcondotto Papa non avanzano che i soccorsi di Francia, ma nč i Romani memori della barbarie del vetusto Brenno li volevano, nč i Franchi consentivano venire; allora apparve il sommo delle sacerdotali arti; preci solenni a cafisso, e processioni, e tutti i santi avvocati, il Papa attorno scalzo con su le spalle certa immagine di Gesų dipinta proprio in paradiso dagli angioli a tempo avanzato, e il popolo dietro anch'egli scalzo, gemendo, e pregando, tutti coperti di cenere, quantunque non sia mai rimasto chiarito che abbia che fare la sordidezza con la misericordia di Dio; la pace rotta da Astolfo pendeva da un braccio della croce come il rospo che il villano impicca ad un ramo di fico.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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