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      Insomma da per tutto cede la Chiesa, pari all'onda iemale la quale, per essersi spinta impetuosa troppo e proterva, rotta in isprazzi adesso le tocca a stornare. Ormai la stagione del crescere si conchiuse per sempre, tanto più quella di allagare unica padrona; adesso entriamo nel periodo di conservazione: forse era tempo per lei di risorgere con la fede; ella non volle, o non ci credè; più tardi la vedremo tentare anco questa via, ma con tali argomenti da consumare la poca lena avanzata da tante prove: intanto ecco quali gli umori della Chiesa adesso palesati nel Concilio di Basilea da uno dei padri più autorevoli, che quivi sederono: "forse un dì sarebbe stato spediente separare affatto la potenza temporale dalla spirituale; ma pel tempo, che corre virtù senza potere è ridevole, onde il Papa romano scevro del patrimonio della Chiesa diventerà davvero: servo dei Servi di Dio."
      Indi in poi la Chiesa fruga nei suoi annali per trovare lo scampolo a rattoppare il manto; con frode, o con violenza ripiglia Imola, Faenza, Forlì, Urbino, Rimini, Pesaro, Ferrara ed altre più terre(131), e ciò con tanta maggiore acerbità quanto, che la paura di rimanere in camicia si manifesta due cotanti più apprensiva della cupidità di acquistare. - Le cerchia dell'interesse mano a mano si stringono per modo che nel dubbio di avere un giorno a cedere il dominio temporale ogni Papa pensa ai casi della propria famiglia e strappato un gherone del manto papale lo butta sopra le spalle ai nepoti; mosso da questo concetto Sisto IV concede ai Riario Imola, e Forlì, Giulio ai della Rovere Urbino, Paolo ai Farnese Castro Camerino e Nepi prima, poi Parma e Piacenza, e così di seguito; se non che considerando i Papi sorvegnenti come simili principati generassero troppa invidia onde sovente i nepoti con la sostanza perdessero la vita ritagliano più a minuto; invece di principati donano poderi, o benefizi, o pecunia.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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