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      Qui s'intromette la storia di Cola di Rienzo; costui forse restituiva la repubblica romana se avesse posseduto mezze le virtù, che cantava in esso Francesco Petrarca; certo a ruinarlo ebbero parte e non poca i preti legatisi ai patrizi, e la feroce voltabilità del popolo: ma soprattutto vuolsene dare la colpa alla vanità di lui: come per questa tracollarono Masaniello a Napoli, l'Alesi a Palermo, ed altri parecchi è noto: Michele Lando vano non fu, ma avverso ai patrizi, nè tutto alla plebe; ammanniva il dominio al popolo grasso, a sè l'esilio: indole mezzana, e senza concetti se togli quello d'impedire disordini il quale quantunque buono, di per sè non costruisce; e chi ha a fare col fuoco non si deve sbigottire di scottature.
      La lontananza dei Papi rilassava naturalmente i vincoli di subiezione, ond'è, che le città di Romagna o per via di tiranni, o di popolo si reggevano senza darsi un pensiero al mondo di loro. Innocenzo VI, e Urbano V deliberati ricondursele a devozione si avvantaggiarono delle compagnie di ventura. Che cosa esse fossero tutti sanno, e sorsero in Francia dalle guerre sia contro gl'inglesi, sia civili: da prima i Papi n'ebbero onta e danno; Arnaldo di Cervole del Perigord arciprete di Verny costringeva Innocenzo VI di riceverlo a gloria in Avignone, farlo sedere a mensa in compagnia dei Cardinali, assolverlo da ogni peccato, e per penitenza dargli del proprio 40,000 fiorini di oro, di che i preti si dolgono sempre; un po' più tardi il Du-Guesclin conducendo le compagnie bianche in Castiglia per sovvertire il trono di Pietro il Crudele, sprovvisto di pecunia, e ignaro a qual santo votarsi per metterne insieme, le menò ad Avignone, ed Urbano per levarsele dintorno ebbe a prosciorle delle peccata, ed in questo ci andò di buone gambe e più a fornirle di 200,000 franchi di oro, ed anco questo, comecchè gli paresse ostico, gli toccò a ingoiare.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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