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      La vittoria di Rimini aveva sforzato il non possumus. Delle cose per questo Papa agitate fuori d'Italia qui non occorre discorrere; odiatore egli fu dei letterati solenne; pauroso, e per paura feroce: certa accademia di dotti scambiando in congiura, prende e tormenta uomini venerandi per dottrina non meno che per pietà: alle torture assiste, nè potendo venire a capo di nulla, tanto eccita il carnefice ad inasprirle, che il povero Agostino Campano rimase morto su l'atto. Il Platina nella vita di questo Papa racconta le persecuzioni, che a lui pure toccò patire: appena promosso Papa tutti gli officiali dei Brevi creati da Pio come ignoranti, e disutili licenziò; niente curando se cotesta carica avessero eglino comperato a contanti, e meno ancora se fossero letterati grandi i quali sogliono dare alle Corti maggiore ornamento di quello che ne ricevano; e poichè il Platina come colui al quale pareva essere troppo gravato pregava che la causa si commettesse agli auditori di Rota il Papa guatandolo torvo gli disse: "dunque delle cose che noi facciamo tu ti appelli? E non sai, che tutta giustizia, e tutto diritto stanno nel sacrario del nostro petto? Così voglio io, che Papa sono e posso come mi piace fare e disfare." Gli officiali scacciati persa la pazienza mandarono al Papa una maniera di protesta la quale esprimeva questi sensi: "se a voi è lecito spogliarci della nostra legittima compra ed a noi deve permettersi dolerci di questa ingiuria, che ci fate, e poichè ci troviamo con sì incomportabili danno e contumelia banditi ce ne andremo presso re e principi perchè vi abbiano ad intimare Concilio dove rendiate conto dello spoglio di nostre proprietà." Tra i mali consigli pessimo quello del debole che minaccia il forte; preso, e incatenato il Platina ebbe a giustificarsi di libello famoso, e gli fu ventura se dopo due anni di acerba prigione ne uscì rovinato così nella sostanza come nella salute.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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