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      Ahimè! peccarono a volta a volta tutti i nostri padri, e i Veneziani stessi col trattato di Blois convennero co' Francesi di pigliarsi, e spartirsi il Milanese: che Ferdinando il cattolico e Luigi XII cristianissimo si accordassero a dividersi il reame di Napoli, bene sta; per loro era preda, ma che preda i Veneziani considerassero la Italia, questa è cosa ch'io perdono loro meno, che il truce istituto degl'inquisitori di stato. -
      Però il Papa se non chiamava i Francesi, per contrapporli a loro chiamava i Turchi mandando a questo fine un Bucciardo oratore fino a Costantinopoli, mentre coll'avventato stile delle bolle papali eccitava Carlo a voltare le armi contro quel desso Turco dimostrandogli quale e quanta enormezza fosse per un re cristianissimo mettere a fuoco, e a fiamma la cristianità mentre gl'infedeli minacciavano straripare fino a Roma; a tale lo conduceva (fosse stato migliore di quello ch'egli era) la mostruosa miscela del temporale con lo spirituale.
      Però il Turco non gli dette retta, e Carlo dopo avere ciondolato alquanto, sovvenuto dalle donne ducali, e marchionali di Savoia, e di Monferrato, che Dio confonda, venne ai nostri danni in Italia. Il Turco Bajazzette non accogliendo tutte le istanze del Papa ne secondò parecchie come si cava dalle sue lettere, che intercette da Giovanni della Rovere, furono mandate a Carlo mentr'egli stanziava a Firenze; in una di queste del 12 settembre 1494, si diceva: ringraziarlo degli avvisi portigli intorno ai disegni di Carlo VIII, il quale intendeva impadronirsi del fratel suo Gem per servirsene a tentare cose nuove in Oriente; facesse una cosa, la quale avrebbe giovato a loro, ed anco a Gem, ed era avvelenarlo o in altro modo procurargli la morte; giovato a Gem perchè a fin di conto mortale essendo gli toccava un giorno o l'altro finire, ed ora levandolo dalle miserie del mondo lo avrebbe avviato in luogo pieno di ogni felicità; se ciò avesse fatto egli giurava pagargli subito 800 mila ducati, e di più gli prometteva non avrebbe danneggiato le terre dei cristiani; quanto a lui si sarebbe tolto quel fastidio di fratello dintorno; in segno dello amore sviscerato che gli portava, tosto avutone il corpo lo avrebbe in magnifico sepolcro sepolto; ancora, lo supplicava di compiacerlo in altro suo desiderio, il quale consisteva nel promovere al cardinalato Niccola Cibo arcivescovo di Arles.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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