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      Qui sarebbe luogo a parlare della brutta ingratitudine di lui contro Venezia lasciata in asso mentre più pericolava, ma ne porgeremo esempio supremamente scellerato nel caso del duca di Urbino; piuttosto ora accennerò la fede pessima con la quale egli ingannava amici, ed avversari con eleganti ribalderie, e vanto infelice, però che sovente fosse sentito dire: "che quando si era fatto lega con uno non per questo si doveva rimanere di trattare col principe opposto(140)". Chiesta ed ottenuta fiducia di paciere egli si mise in mezzo alla Francia, all'Austria, a Venezia, alla Svizzera per accordarle; diverso poi il fatto dalle apparenze, perchè le sobillasse tutte facendo fuoco nell'orcio per avvantaggiare i suoi: sollecitava Luigi XII a calare da capo in Italia mentre sapeva attraversarlo ostacoli non superabili; e mentre che con le nozze di suo fratello Giuliano con Filiberta sorella di Luisa di Savoia madre di Francesco I mostrava attaccarsi alla fortuna di Francia spediva segreto negoziatore Pietro Bembo a Venezia per alienarla dalla Francia, ed accordarsi col re di Spagna, e con lo imperatore: narrata questa una, ci dispensiamo dalle altre perchè uguali tutte non solo nella vita di Lione, bensì di quasi gli universi pontefici. Un'Edoardo re d'Inghilterra prese per insegna una coda di volpe, ed ebbe fama di sincero: sarebbe stato salutato sincerissimo il Papa se il suo triregno avesse composto invece di tre corone di tre code di volpe.
      Alla casa d'Este non ci era maniera di cortesia ch'ei non usasse; nel suo incoronamento commise al duca Alfonso portasse il gonfalone della Chiesa; ora però noi sappiamo se coteste mostre avessero virtù di trattenerlo dalle insidie nel fine di creare uno stato ai suoi dove gli tornasse più destro: a questo duca invece di restituire Reggio usurpatogli dalla Chiesa, gli piglia Modena cui prima ribella a Massimiliano imperatore, e poi gliela compra per quarantamila ducati; e non basta, perchè non contento di levargli lo stato si adopra torre al duca Alfonso col veleno la vita; più tardi negoziando con Francesco I a Viterbo l'ebbe a restituire, ma in compenso volle, che gli fosse concesso manomettere il duca di Urbino, e questo gli consentì Francesco, secondo il costume dei Francesi, soliti a procurarsi lucro ovvero ad evitare danno alle spalle degli amici; però Lione comecchè avesse ottenuto licenza di stiantare il duca di Urbino se ne trattenne, e ciò perchè (la storia volenterosa lo attesta) Giuliano, il quale nella sventura ebbe fidato esilo nella corte di Guidobaldo di Urbino, non consentì si recasse ingiuria al suo successore: ma egli immaturo periva, insegnamento solenne pel vicario di Cristo a non porre il suo cuore qui dove la tignola rode; invano però che la libidine di averi riardeva nel petto al pontefice vie più. Ora si pubblica il monitorio contro Francescomaria duca di Urbino dove s'incolpa micidiale del cardinale di Pavia, ed era vero, che lo ammazzò alla sprovvista di uno stocco nel petto, dello assalto dato alle milizie pontificie e spagnuole dopo la battaglia di Ravenna, e del rifiuto di unirsi con la gente di Lorenzo dei Medici contro Francesco I. Francescomaria inetto alla difesa scansavasi a Mantova; indi a poco conchiuse tra Francia, Austria, Chiesa, Spagna, e Venezia la pace.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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