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      Gesuiti, e razza dei Gesuiti in convento o fuori, quanti sussurrano dentro gli orecchi delle generazioni: agire č cosa che fa sudare, patire forse puō lodarsi, morire con le mani giunte baciando la mano del re, e pių del sacerdote maestro e donno dei re, perfezione suprema; per bene comprendere questo importa meditare assiduo; nč vi ha cosa che si confaccia meglio alla meditazione quanto le tenebre; mira l'asino, e il cavallo; perchč macinino bene il grano, ovvero attingano l'acqua dai pozzi fa mestiere bendarli: lasciamo che altri comandi; noi reputiamo singolare benevolenza di Dio possedere un re, e meglio un sacerdote che c'insegnino quello che deva operarsi da noi: felicitā grande č il maestro pratico, la guida sperta che ci governi, e ci conduca; la nostra assidua meditazione ha da cadere sul modo di eseguire puntualmente quanto ci venga comandato e non sopra altro. Udire e obbedire non solo si dice dagli schiavi del Sultano, ma sė dagli Angioli del Dio di Moisč, e si deve celebrare massima virtų da quanti ha sudditi il Principe creato proprio ad immagine di cotesto Dio.
      Se bene consideri vedrai, che i vantati Statuti dei Gesuiti a fine del conto consistono in questo, che giunsero ad adattare allo spirito la istruzione medesima la quale nella milizia si applica alla materia; in questo si posero interi anima e corpo; oltre tenersi liberi da qualsivoglia cura, non accettarono cariche, nč benefizi, quantunque sotto mano gli avessero tutti; non digiuni, non veglie, non fatiche eccessive; i Gesuiti avevano bisogno di tutte le loro forze per durare nelle battaglie della disputa, della predicazione, e dello insegnamento.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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