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      Queste parole furono come zolfo sul fuoco, Paolo diede in ismania, non mangiò, nè dormì, lo prese la febbre; per dieci giorni durò infermo; seco la più parte del giorno stava ridotto don Geremia teatino, che aveva voce di santo, ed era fanatico; finalmente convoca il sacro collego, dove dopo querimonie infinite dichiara decaduti i suoi nepoti da ogni ufficio, e li confina con le famiglie loro a Civita Lavinia, a Gallese, e a Montebello; la madre loro, vecchia di settanta anni, che gli s'inginocchia davanti implorando mercede duramente ributta; la nipote moglie del marchese di Montebello la quale arriva in quel punto a Roma trova il suo palazzo chiuso; nessuno locandiere per paura del pontificio sdegno ardisce albergarla; si ricovera in rimota e povera osteria dove il rumore di cotesta catastrofe non era anco giunto; il cardinale Caraffa si offre costituirsi prigione per iscolparsi, ma il Papa ordina agli Svizzeri caccino via lui, e tutti i clienti e servitori suoi dalla condanna universale eccettuò solo il giovane cardinale di Napoli per tenerlo seco a recitare l'uffizio.
      Ciò fatto, siccome al bisogno di esercitare furiosamente la sua irrequieta natura si aggiunse l'altro di divertire la nuova angustia nella moltiplicata agitazione muta tutti gli ufficiali nel governo temporale con modi, che dirò convulsionari: a mo' di esempio, manda a Perugia nuovo governatore, il quale arriva notte tempo, e convocato su l'alba il Consiglio municipale mostra la sua spedizione, e poi senza cerimonie imprigiona, lega, e manda a Roma il governatore, che si trovava lì a presiedere il Consiglio; il governo da cima a fondo sconvolto, tasse diminuite, l'erario restaurato; le chiese sottomette a più rigida disciplina, gli accatti alla messa proibiti; i quadri scandolosi negli oratori soppressi; frati sfratati fuori; il digiuno quaresimale, e il precetto della pasqua severissimamente imposti: di nuziali dispense non volle più saperne; insomma da per tutto l'aventatezza del boscajolo, che atterra piante a colpi di scure, non senno non pacata tranquillità del riformatore.


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Lo assedio di Roma
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Zecchini Livorno
1864 pagine 838

   





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